26 febbraio 2007

London Papers No.9

No trident_Troops out of Iraq
24 febbraio 2007

C'è un cielo baltico oggi sopra Londra. Le nuvole si muovono veloci lassù. Sole e pioggia, così non ci si annoia.
Il ritrovo è a Hyde park allo speakers’ corner, quel posto dove vanno le persone che pensano gli altri le debbano ascoltare e ti tirano giù delle storie, preferibilmente di Gesù che salva o la bibbia e che siamo peccatori e via così.
Oggi qui ci sono moltissime persone. Quello che mi colpisce è l’organizzazione. Mica è come da noi che ti devi fare i cartelli a casa. Qui centinaia di cartelli stanno a disposizione del manifestante privo di strumenti. Si va da quello contro Blair e Bush alla palestina libera, a portare le truppe a casa. Uno sul suo ci ha aggiunto a pennarello “nobody know I’m prince Harry”.
Io, solo e senza cartelli, mi muovo dinamico all’interno del lungo corteo ché voglio vedere un po’ le persone. Ovviamente ho dimenticato a casa la macchina foto.
C’è un po’ tutto in mezzo. Ci sono i verdi che non ne possono più delle guerre per il petrolio, quelli che ti vendono il “socialist worker”. Poi volantini di tutti i colori e dimensioni, dalla problematiche legate alle libertà dei gay a quelli contro le sanzioni e l’intervento armato in Iran così, per portarsi un po’ avanti col lavoro che mi sa ce ne sarà bisogno.
La testa sta cominciando a muoversi mentre qui indietro si è ancora tutti fermi. Ci sono delle persone col giubbotto giallo antinebbia che dirigono le masse e ti dicono dove passare, ne accosto uno, sul gilet ci ha scritto “anti war coalition-steward”. Basisco ed accelero.
Finalmente trovo quelli del “communist party”. Sono una ventina, hanno bandiere e striscioni. Un partito solo e indivisibile. Bene, mica come quelli italiani. Faccio un centinaio di metri e poi ne vedo due, tengono uno striscione. Su c’è scritto “new communist party”, magari sono gli avanguardisti, mi è già finita la poesia quindi proseguo.
Più avanti ci sono i “ Labour against war”, scandiscono lo slogan “true labour not in favour” a certi però gli viene da ridere e smettono.
Si percorre Piccadilly, poi il circus, Pall Mall e alla fine Trafalgar square. La piazza è grande ma mica ci stanno tutti. C’è un palco e il megaschermo e tutto quanto. Su uno canta “masters of war” poi i discorsi poi di nuovo musica. Dylan va molto. “The answer my friend”. La canta pure il vecchio punkettone di fianco. “The answer is blowing in the wind”
Ragazzi, vecchi, musulmani, venezuelani, studenti, pensionati madri di militari, militari fulminati sulla via di Damasco forse da fuoco amico, carrozzine, biciclette bandiere e hot dogs, tanto per globalizzare quel tanto che basta. C’è un po’ di tutto, tutto quanto questa città può contiene.
Sul palco parla un portavoce di Chavez vestito un po’ come lui, una ragazza per le donne iraniane, un rappresentante delle comunità musulmane di Londra ed altri amplificati, ripresi e trasmessi sul grande schermo.
Non piove ma il vento porta l’acqua spruzzata dalle fontane sulla gente. Dietro il palco la colonna e sulla colonna Nelson che sta lassù, un bel po’ di metri sopra la folla, e sembra che non si è accorto di tutta questa gente, o forse non gli interessa, gli da le spalle. Ha lo sguardo fisso verso sud. E uno si chiede che cosa sta cercando, ci sono le nuvole, si vede mica più in la del South Bank…