20 dicembre 2006

London Papers No. 5

Vorrei parlare di storia. Ma ne parlerò in maniera completamente scorretta. In un modo che se un professore mi avesse interrogato e io avessi risposto così mi avrebbe bocciato per il resto della mia vita. Ma che m’importa, la scuola l’ho finita, professore non lo sono diventato e per bocciarmi mi hanno bocciato. Sono gretto, e questo mi da la possibilità di manipolare la materia a mio piacimento. L’argomento è ovvio. Perché oltre ad essere gretto sto pure diventando terribilmente noioso e ripetitivo. Quindi rifletterò sulla storia della metropoli che al momento mi sopporta.
Se mi potessi alzare e guardare questa città dall’alto, la vedrei intessuta di reti ferrose. Tutto quello che è stato costruito qui per il trasporto di uomini e cose, tutto questo, si è portato via la Storia, strato dopo strato. Il tempo era denaro una volta come lo è adesso. Non è vero che si viveva diverso. Si viveva uguale, forse peggio. Se si era più lenti era solo perché non si avevano i mezzi per andare più veloci. Se Leonardo non ha potuto far volare le sue macchine è solo perché non poteva produrre l’energia necessaria alla bisogna.
Quando la rivoluzione industriale ha richiesto uno spostamento di masse e di merci sconosciuto prima, questa città ha iniziato a dotarsi di una rete di trasporti gigantesca. Gli scavi si portavano via reperti romani e vite umane.
Non è vero che si poteva vivere più lenti. Si era costretti a farlo. C’era un fiume che scorreva giù dalla collina di Hampstead, il punto più alto di questo territorio. Mi si dice fosse pure navigabile, il Fleet river. Niente, il bisogno di spazi, la costruzione di un ponte via l’altro e di strade, se lo sono portato via. Interrato metri e metri sotto. Nelle viscere della città.
E lui era, o è, perché da qualche parte deve ancora esserci, il più importante. Come lui diecine di altre acque. Come le acque, migliaia di operai, lavoratori. Gente venuta a costruire qualche cosa che non gli sarebbe mai servito, che non avrebbe mai utilizzato.
Si doveva bere birra qui, perché l’acqua era sovente così marcia che se ci fosse ancora stata nel settantasette se la tiravano i punk al posto della colla da carpentiere. Le case erano piccole e straripavano bambini, perché le persone, invece di comperare preservativi, spendevano i pochi denari in pinte. Così quando potevano uscivano dalle topaie sature di vapori di cavolo bollito per andare nei pub a salvarsi la vita. Aprivi la porta di legno, entravi nel locale fumoso con gente che parlava strano. Tutte quelle cose che a noi paiono romantiche ma che dovevano essere una vera merda.
Ma prima, ancora prima. Prima, quando c’erano i Puritani, quelli che gli avevano dato a Bellini un bel di più d’ispirazione. Lì c’era pure molta gente che si divertiva mica male.

I rise at eleven, I dine about two
I get drunk before Seven, and the next Thing I do
I send for my Whore, when for fear of a Clap
I dally about her and spew in her Lap.

Niente cambia nella storia. L’uomo deve averci dentro il gene della disuguaglianza e dello sfruttamento. Se appena può e gli capita l’occasione non la sciupa.
Ora ci sono gli orientali. Indiani, pachistani e altri di cui non mi ricordo più il nome. Tengono aperti questi negozi food & wine, giornali, pile, tabacco, alcol, ventiquattrore su ventiquattro. Sette giorni su sette. Stanno lì. Perché? Forse per l’ansia di tirar su denaro. Magari vogliono comperarsi la stessa automobile enorme che una signora ha parcheggiato di fronte alla loro rivendita. Una cazzo di macchina che sta impedendo al bus sul quale sto viaggiando di passare. E noi stiamo lì. Aspettiamo che la tizia finisca di comperarsi le Rothmans per poter ripartire e raggiungere il posto di lavoro.
Nulla cambia. La signora sudamericana affianco andrà a fare le pulizie in qualche casa ad Highgate o la cassiera da Tesco.
Tutto rimane uguale. Solo pare che il Tamigi non puzzi più come nel ‘600, quando a Westmnister talvolta era necessario chiudere le finestre con tende irrorate di essenze alla lavanda, per fare in modo che la politica facesse il suo corso.
Non c’è più la nebbia delle centrali termoelettriche ma tutto è sempre lo stesso. Come deve aver pensato qualcuno quando ha visto i poliziotti sparare in mezzo alla folla della metropolitana a un ragazzo brasiliano con la pelle un po’ scura e uno zainetto sulle spalle. E quando è caduto, andando al lavoro.
Nulla cambia… mai. Solo noi stiamo qui con le mani in mano e costruiamo pensieri nascosti che crediamo intelligenti, ma solo per pochi secondi. Come i sogni di certa gente che guarda una partita di football.
I’m forever blowing bubbles…


O

5 Comments:

At mercoledì, 20 dicembre, 2006, Blogger CG31 said...

Amoti!
GFO

 
At giovedì, 21 dicembre, 2006, Anonymous Anonimo said...

eh no, amolo io!!!!!
sono anche la moglie legittima!

 
At giovedì, 21 dicembre, 2006, Blogger CG31 said...

Vabbé sicuramente lo amiamo in due modi completamente diversi! ;-)
GFO

PS Ciao Chiara! Tieni duro!

 
At giovedì, 21 dicembre, 2006, Blogger CG31 said...

E io lo stimo molto, va bene?
("Stimolo" suonava equivoco :))

Erme

 
At venerdì, 22 dicembre, 2006, Blogger CG31 said...

Stimolo dev'essere l'ottavo nano, quello che aveva una parola buona per tutti, ma poi doveva sempre correre in bagno
GFO

 

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