TRASLOCO (cose che si spostano)
Sappiamo che stenterete a crederci
ma ci siamo spostati armi bagagli e congiuntivi
in un posto diverso e per la precisione questo:
http://cg31.splinder.com
seguite la traccia...
Qui si sana!
Sappiamo che stenterete a crederci
No trident_Troops out of Iraq
È morto uno. Ne parlano i giornali nelle pagine di cronaca estera e di sport. L’ho saputo e sono basito, mica troppo però. Se ero giù penso mi avrebbe colpito meno. Uno si abitua pure al peggio. Ne hanno ammazzato uno, gli tiravano pietre e bombe carta. Che detto così pare di stare in un parco divertimenti, sulle navi dei pirati.
Qui certe volte c’è un vento così forte che se pesi meno di ottanta chili devi uscire per strada con dei sassi in tasca. Qui soffia un vento tale che se hai il raffreddore e tiri fuori il fazzoletto, questo ti fa l’effetto dello spinnaker e tu diventi un individuo brado.
Match of the day.
Vorrei parlare di storia. Ma ne parlerò in maniera completamente scorretta. In un modo che se un professore mi avesse interrogato e io avessi risposto così mi avrebbe bocciato per il resto della mia vita. Ma che m’importa, la scuola l’ho finita, professore non lo sono diventato e per bocciarmi mi hanno bocciato. Sono gretto, e questo mi da la possibilità di manipolare la materia a mio piacimento. L’argomento è ovvio. Perché oltre ad essere gretto sto pure diventando terribilmente noioso e ripetitivo. Quindi rifletterò sulla storia della metropoli che al momento mi sopporta.
Ho visto il Toro. Finalmente. L’ultima volta è stato con la Lazio. Quattro griglie in casa, un’ecatombe. Grazie agli amici ho avuto un indirizzo qui a Londra. Ho preso il bus che passa davanti alla casa dei Beatles e ho raggiunto il luogo. Il posto è uno di quelli che nella mia quotidianità estera evito accuratamente.
Sono andato al mare. Sono partito il sabato pomeriggio verso il sud. Erano le quattro e il cielo era scuro. C’era solo qualche bagliore verso ovest presto oscurato dalle nuvole lontane.
Sono più di cent’anni che sto in questo posto. I fiumi che scorrevano in superficie sono stati interrati, come tutti i morti che abbiamo conosciuto durante la nostra vita. Sono centinaia di anni che mi sveglio la mattina e prendo un autobus con un piano di sopra e nessun vicino accanto. Siedo, non parlo, guardo le gocce di pioggia scorrere sul parabrezza superiore e ascolto le cose passare. Siedo e raccolgo immagini. Ne ho da riempire dei libri interi. Figure di persone disperate e felici, di volti orripilanti e bellissimi. Guardo le facciate delle case strutturarsi nell’anarchica successione di vie e i cittadini camminare sui marciapiedi. Potrei essere in qualunque luogo perché non appartengo più a nessun posto, solo disperazione e allegria legano la mia vita.
Così è passata una settimana da quando sono qui. Sembra una vita e sono solo sette giorni.